Esperimenti letterari giovanili
Nel 1928 scrisse la sua prima poesia e il suo primo testo in prosa e iniziò a scrivere un diario. Con l’amico Lado Piščanec teneva un carteggio epistolare, i due amici si scambiavano poesie e incoraggiavano l’un l’altro a scrivere.
Nel 1933 gli amici Alojz Kocjančič, Lado Piščanec, Štefan Tonkli e Ivan Delpin progettarono l’edizione di una raccolta di poesie intitolata Le poesie dei quattro, rimasta inedita. Tuttavia, questa generazione fu molto attiva in campo letterario. Il percorso letterario di Kocjančič continuò con la partecipazione alle riviste litografiche illegali Tihe besede (1935), Gmajna (1936), Pisanice (1936) il cui promotore fu Stanko Vuk.
Kaj v mojem srcu se s silo
zganilo je,
v duše prepadne globine
kaj skrilo se?
Moja skrivnost.
(Moja skrivnost)
Dai saggi nelle riviste al primo libro Poesie savrine
All’inizio degli anni ’50, Kocjančič iniziò a pubblicare i suoi primi articoli letterari su giornali e riviste (Slovenski Jadran, Bori, Obzornik). Nel 1954, divenne membro della Società sacerdotale cattolica di Cirillo e Metodio. Nel 1955 iniziò a pubblicare sui bollettini della Società di Cirillo e Metodio (Organizacijski vestnik, Nova pot, Glasnik) e come membro del coro della società leggeva le sue poesie durante i saggi. Con il sostegno della medesima società nel 1962 uscì la sua prima raccolta di poesie Poesie savrine (Šavrinske pesmi) illustrata con le grafiche dello scultore e pittore accademico Jože Pohlen.
Il ciclo più vasto della raccolta Istria – la terra e le persone, è dedicato alla tematica istriana; le poesie non sono soltanto confessionali e intime ma anche riflessivo-esistenziali, religiose, d’amore, di memorie e biografiche.
Con le Poesie savrine (1962) Alojz Kocjančič divenne il bardo della poesie istriana slovena.
Deluso per il disinteresse verso il suo libro nei circoli culturali sloveni, all’epoca già permeati da un modernismo radicale, e dalla stigmatizzazione delle sue poesie nei circoli ecclesiastici, negli anni seguenti non pubblicò quasi nulla.
Morda oglata je trdota
ostala mi od tvojih skal,
morda pelina sem grenkobo
vsrkaval iz domačih tal.
Morda že v lačnih dneh zamamljal
me sij je bajnih mesečin,
morda zato v pravico upam,
ker bil sem tlačeni trpin.
Morda, ker skusil sem krivice,
v upornem gnevu zagorim,
morda, ker stokrat bil sem žaljen,
ob vsakem vzdihu zadrhtim.
Vse to si, Istra, ti mi dala,
pečat si vžgala za vse dni,
zato se vsaka moja pesem
ob tvojih strunah uglasi.
(Istran)
Brumbole
Negli anni ’70 e ’80 riprese a pubblicare, principalmente articoli in prosa che a volte compaiono sotto lo pseudonimo di Kubejski. In questo periodo conobbe lo scrittore Marjan Tomšič, che si era trasferito in Istria includendola a pieno merito nella narrativa slovena e proprio l’Istria unì amichevolmente il poeta Kocjančič e lo scrittore Tomšič. Su iniziativa di Tomšič, Kocjančič iniziò a raccogliere i propri scritti. Nel 1988, un anno dopo la celebrazione della messa d’oro di Kocjančič, uscì presso la casa editrice Lipa di Capodistria il suo secondo libro di poesie intitolato Brumbole, una raccolta leggermente rivista e aggiornata delle precedenti Poesie savrine. L’edizione fu curata da Marjan Tomšič, che scrisse anche la prefazione.
Ko grem prek tvojih goličav,
o Istra, prek ožganih trav,
čez kamen, trn, pritlikav brin,
te kličem kakor mater sin;
ko zrem v razbičan tvoj obraz,
zavem se: tak sem tudi jaz.
Od morja sem pa vsa si vrt,
vinograd si prežlahtnih trt,
in vsa si nežen oljkov gaj,
drobno cvetoč v zeleni maj.
Žal, v to razkošje, v to prelest
ne gre nobena mojih cest.
Ne, nisem olje še za v dlan,
v hladilo, Istra, tvojih ran,
še nisem čaša močnih vin
v pozabo tvojih bolečin:
zdaj sem le kamen tvojih skal,
sem trn in brin iz tvojih tal.
(Kamen, trn in brin)
Ho cantato di persone, acqua e terra
Un anno dopo la morte del poeta (1991), la casa editrice Lipa di Capodistria pubblicò postumo il primo e unico libro in prosa di Kocjančič Ho cantato di persone, acqua e terra (Ljudi opeval sem, vode in skale) che prese il nome dai versi della sua poesia Istria madre. Il libro fu curato da Ines Cergol insieme al marito Miran Bavčar in stretta collaborazione con l’autore che nell’ospedale isolano, commosso, consultava le bozze.
O Istra, draga zemlja rodna moja,
za tužno – kot v posmeh so te krstili,
s prezirom so stoletja te pojili,
nihče ljubezni dal ti ni napoja.
Nihče ni v tebi kdaj iskal heroja,
te pevcev pesem še doslej ni pela,
pozabljena za svet so tvoja dela,
ti tujec je zavrl polet razvoja.
Jaz, tvoj otrok, deležen tvoje »hvale«
in svest prenekatere si krivice,
obraz tvoj, mati, bom odkrival pravi.
Ljudi opeval bom, vode in skale
z ljubeznijo do tebe, do resnice,
da se ti ranjeno srce pozdravi.
(Istra – mati)
Considerazioni sulla sua opera letteraria
»L’Istria slovena non era presente nella letteratura slovena per molto, troppo tempo. Viveva ai margini della nostra letteratura e della nostra coscienza, come se non ci importasse nulla della solarità mediterranea né tantomeno di tenere il passo con la pittura, l’architettura o perlomeno con i canti popolari del luogo. Queste pagine, più o meno vuote, sono state compilate per la prima volta, con le poesie del prete di Covedo e sacerdote della parola Alojz Kocjančič. Con lui, l’Istria è diventata per sempre, anche nella poesia, veramente slovena, e lui il suo poeta«. (Tone Pavček)
»Il significato di Kocjančič non risiede solo in ciò che ha fatto nella vita ma soprattutto in ciò che ha lasciato nelle persone. I suoi desideri di un popolo istriano rinato e pieno di gioia di vivere e rispetto per se stesso si sono forse avverati? Per non parlare mai più della “triste Istria”, ma di una gioiosa popolazione litoranea che aiuta a combattere la classica amarezza slovena.« (Ciril Zlobec)
»Leggendo queste poesie alcuni cuori si sono letteralmente infuocati. Un poeta, un istriano, un uomo del paese ha parlato alle anime semplici. Beh, qualcuno è rimasto infastidito dalla forma arcaica. Le parole sono scolpite come pietre, i versi rispecchiano la rusticità arcaica, contadina dell’Istria. Gli istriani, i compatrioti di Kocjančič, hanno accolto le sue poesie con il cuore, ma in incredibile silenzio. Non hanno espresso le proprie emozioni ad alta voce anche se le poesie li hanno colpito nel profondo del cuore. Le poesie sono in qualche modo rimaste nascoste in essi, interiorizzate nel loro intimo… « (Jože Pohlen)
»Sia Kocjančič che io, abbiamo sempre combattuto per una letteratura degna di essere conosciuta tradotta in tutta Europa.« (Boris Pahor)
»Nel presente libro delle sue migliori creazioni poetiche, Alojz Kocjančič si presenta come un poeta dalla parola dura, quasi d’acciaio, come dimostra il titolo stesso del libro Brumbole, quei frutti amari e molto curativi di prugno spinoso che maturano appena con il freddo invernale. A prima vista, sembra che liricità e mascolinità non vadano di pari passo ma le sue poesie ci dimostrano che anche la confessione può essere ferma e l’amore può essere serio ma delicato. Sulla roccia fiorisce un fiore, una margherita imbianca le pietre – tale è la poesia di Alojz Kocjančič. In essa non c’è spazio per i giochi di parole e le finte emozioni. Dal primo all’ultimo verso, è sincera, così veritiera che le parole colpiscono il cuore come pietre«. (Marjan Tomšič)
»Alojz Kocjančič riflette in maniera molto complessa il concetto del “poeta istriano”: con il suo luogo di nascita, il suo operato in Istria e con le sue tematiche poetiche delle quali gran parte è infatti legata all’Istria /…/ Con il suo lascito letterario, Kocjančič è un testimone inestimabile e co-creatore dello spazio e del tempo in cui visse, che per molti versi è stato rivoluzionario e decisivo«. (Ines Cergol)
Omaggi a Kocjančič
Tra gli istriani Alojz Kocjančič è ancora molto presente. A Covedo durante le manifestazioni ricordano sempre con grande orgoglio il loro amato compaesano. Fin dagli esordi, il circolo culturale Beseda slovenske Istre (1995) lo ha preso come modello scegliendo come motto il suo versetto »Il tuo vero volto, madre, scoprirò«. Da lui prendono il nome la Società culturale »Alojz Kocjančič Puče-Koštabona«, che per il suo amato sacerdote e poeta organizza serate commemorative. Nell’ambito della società è stato denominato in suo onore il coro misto Alojz Kocjančič. Su invito del coro regionale giovanile austriaco della Carinzia Landesjugendchor Kärnten, nel 2020 il compositore Andrej Makor ha messo in musica una poesia di Kocjančič dal ciclo Chiamata alla libertà. Numerosi cori includono volentieri nel proprio repertorio le poesie di Alojz Kocjančič messe in musica.
Nel 1992, ad un anno dalla la morte del poeta, la casa editrice Lipa di Capodistria ha pubblicato postumo il libro in prosa Ho cantato di persone, acqua e terra (Ljudi opeval sem, vode in skale) che è stato intitolato dai versi della sua poesia Istria – madre. La pubblicazione è stata curata da Ines Cergol insieme al marito Miran Bavčar in stretta collaborazione con l’autore che nell’ospedale isolano, commosso, consultava le bozze.
Lo scrittore Marjan Tomšič ha immortalato il personaggio di Alojz Kocjančič nel suo romanzo Zrno od frmentona (1993).
Nel 2001 la casa editrice Libris di Capodistria ha pubblicato un facsimile della raccolta poetica Šavrinske pesmi. Il libro è arricchito dalla bellissima prefazione Alojz Kocjančič – poeta dell’Istria slovena, dello scrittore Tone Pavček.
Nel 2003, la raccolta Annales di Capodistria ha pubblicato un prezioso almanacco intitolato La vita e l’opera di Alojz Kocjančič (Življenje in delo Alojza Kocjančiča), con i contributi dell’omonima conferenza interamente dedicata al poeta istriano tenutasi a Isola il 18 novembre 2002 con saggi di Milan Gregorič, Dušan Jakomin, Tino Mamić, Darko Dukovski, Jurij Rosa, Ines Pešorda, Alferija Bržan, Rožana Koštial, Tanja Jakomin Kocjančič e Marjan Tomšič.
Nel 2013, per il centenario della nascita del poeta e sacerdote, l’associazione Skala Kubed ha pubblicato una selezione delle sue opere intitolandola Poesie e scritti (Pesmi in zapisi), curata da Ines Cergol che ha scritto anche la postfazione. Il libro è stato presentato il 23 aprile in Palazzo Pretorio a Capodistria. Per l’occasione, Tanja Jakomin Kocjančič ha ideato il documentario poetico video: Alojz Kocjančič – poesie, parole vive e scritti nel centenario della nascita Alojz Kocjančič – pesmi, živa beseda in zapisi ob 100-letnici rojstva.
Na pobudo književnika Marjana Tomšiča so začele občine Koper, Izola in Piran leta 1993 podeljevati priznanje z nagrado Alojza Kocjančiča za posebne dosežke pri ohranjanju in oblikovanju kulturne podobe slovenske istre.
Knjigarna in založba Libris je leta 2003, ob 90-letnici rojstva Alojza Kocjančiča, začela organizirati Librisove poletne pesniške večere, naslednje leto poimenovane Librisovi poletni narečni večeri, ki so postali tradicionalni in množično obiskani. Leta 2003 so Kocjančiču posvetili tri večere: v Kubedu, Krkavčah in Portorožu.
Mestna knjižnica Piran je ob obletnici rojstva Alojza Kocjančiča vrsto pomladi pripravljala srečanja s Kocjančičevimi nagrajenci, ki so potekala na vrtu Kosmačeve hiše v Portorožu.
Leta 2008, ob pesnikovi 95-letnici rojstva, je bil 20. maja v koprski Rotundi organiziran spominski večer, ki so se ga udeležili tudi Kocjančičevi nagrajenci.
Združenje književnikov Primorske je junija 2008 svoja tradicionalna Premska srečanja posvetilo predstavitvi Alojza Kocjančiča.
V Kubedu so 2012. priredili spominski večer, posvečen kubejskim kulturnim ustvarjalcem.
- maja 2013 so v Kubedu priredili slovesnost ob 100-letnici pesnikovega rojstva, na kateri je o pesniku spregovoril slovenski književnik in akademik Ciril Zlobec.
- oktobra 2013 so pri Sv. Antonu posvetili prireditev 100-letnici rojstva Alojza Kocjančiča in Borisa Pahorja. Književnika sta bila sošolca in prijatelja.
Svetovni slovenski kongres je na pobudo prof. ddr. Marije Stanonik pripravil spominski večer ob 100-letnici rojstva Alojza Kocjančiča. 6. novembra 2013 sta v Ljubljani v okviru Večerov izza Kongresa o njegovem življenju in spominih nanj spregovorila duhovnik in publicist Dušan Jakomin in pisatelj Marjan Tomšič, dogodek je povezovala Tanja Jakomin Kocjančič.
Knjigo Pesmi in zapisi je predstavil tudi Klub krščanskih izobražencev Koper.
Mestna knjižnica Izola je leta 2013 ob zaključku projekta Primorci beremo posvetila literarni večer Alojzu Kocjančiču.
La letteratura di Alojz Kocjančič
Kocjančič iniziò a scrivere e pubblicare poesie ancora in epoca scolastica. In seguito, pubblicò le sue poesie su riviste e giornali sloveni. Kocjančič pubblicò due raccolte di poesie: Canti della Savrinia (Šavrinske pesmi, 1962) e Brumbole (1988). Una ristampa dei Canti della Savrinia fu pubblicata nel 2001 dalla casa editrice Libris di Capodistria. Una selezione di poesie fu pubblicata postuma nel libro Canti e scritti (Pesmi in zapisi, 2013).
Motto
»Ciò che sono, tu Istria, mi hai dato,
il tuo sigillo giammai m’abbandona,
ecco perché tutto quanto ho cantato
con le tue corde s’intona.«
Terra di casa III
»Nella tua terra scarna e pietrosa
un duro giaciglio, mi hai preparato
e per questa scuola di vita, rigorosa
mille volte, Istria, ti ho ringraziato.«
»Istria slovena, ti ho amato con devozione,
di te ho parlato, scritto, cantato.
Signore, che nessuna perda la ragione,
delle pecorelle, che mi hai assegnato.«
»Forse un dì, tra i frutti di questo podere
un stanco viaggiatore della farina avrà trovato…
Allora e oggi, sia lodato il Signore, per il piacere,
di restituire ai miei fratelli quello che mi hai dato!«
I sonetti di Covedo III
Oh culla dei giovani giorni miei, più cara
che Itaca ad Odisseo!
Tuttavia, il tuo cuore è offeso:
Mi hai colpito senza cuore.
E giace in questi poveri versi,
in cui dipingo i miei giovani anni,
per attirare il fascino del sonetto cantante,
come nel cuore per sospirare pesantemente.
Ma nonostante l’ingiustizia che brucia nel mio cuore,
che con te ha reso le mie giornate calde,
solo il potere della tentazione ti attira.
Per tutta la malattia che hai causato,
altro che in te, scuotendo la mia fortuna,
non riesco a trovare il cuore ferito della cura.
Alojz Kocjančič ha pubblicato i suoi testi in prosa (brani auto/biografici, storici…) su numerose riviste e giornali. La maggior parte è raccolta in due libri: Ho cantato di persone, acqua e terra (Ljudi opeval sem, vode in skale, 1992) e Canti e scritti (Pesmi in zapisi, 2013).
Presso la chiesetta della Beata Vergine Maria al Capo del Risano*
A poche centinaia di metri dalle sorgenti del Risano, da qualche anno c’è un orgoglioso motel al quale conduce una strada asfaltata. Fino a poco tempo fa, in questo motel offrivano agli ospiti un piatto speciale a base di carne di castoro. Oggidì i castori non vi si allevano più, vi si allevano invece le speciali trote del Risano. Ma oggi, come scrivo nelle mie Poesie savrine, parleremo piuttosto del
»fiume Risano
che dai suoi letti sotterranei, con rabbia tuonante
rigurgita onde scroscianti.«
L’Istria slovena è in realtà povera d’acqua. Oltre al Risano possiede ancora soltanto il fiume Pignovazzo o Dragogna, che sfocia il mare vicino alla miniera di carbone duro di Sicciole e scorre lungo il confine tra l’Istria slovena e croata. Forse vale la pena ricordare anche il rio Ospo, un torrente che corre dalla grotta di Ospo lunga quasi un chilometro. Qui si è conservato un muro difensivo, dietro al quale i paesani si rifugiavano in caso di pericolo turco. Lungo l’omonima valle l’Ospo corre fino a Oreh e presso Muggia sfocia in mare. Il rio Ospo e il Risano raccolgono le acque sotterranee che si infiltrano nell’entroterra più o meno vicino ovvero sull’altopiano carsico. Qui il mondo è costellato di numerose grotte e le acque si disperdono in lunghi percorsi sotterranei prima di risorgere come fiumi. I brevi corsi d’acqua inghiottiti nel sottosuolo e che hanno origine lungo le pendici meridionali dei colli Birchini, entrando nel calcare permeabile sfociano in caverne a volte accessibili. Il torrente Brsnica, che scorre attraverso una delle valli cieche, porta acqua sotterranea alle sorgenti del Risano. Nella valle carsica tra San Quirico e Gracischie, l’acqua affonda e scorre a sud verso l’Istria croata. Per l’Istria savrina, il Risano è sempre stato ed è tutt’oggi una grande benedizione. In passato, quando non c’erano ancora acquedotti locali né grandi né piccoli e nelle estati torride molte sorgenti dei villaggi si prosciugavano, i contadini imbrigliavano il bestiame e si recavano con le botti al Risano a prendere l’acqua da bere per la famiglia e il bestiame. Nel corso dei secoli, il Risano ha azionato molti mulini nei quali gli istriani macinavano grano e altri cereali e pillavano il mais e l’orzo per il loro pane quotidiano. Oggidì i mulini ad acqua quasi non vi si trovano più perché sono stati sostituiti da quelli elettrici. Un vecchio mulino ad acqua a ricordo dei tempi passati si trova ad esempio sulla strada da Covedo a Capodistria dinnanzi al primo ponte sul Risano. Ricordo quand’ero giovane, che nella roccia vicino alla sorgente principale del Risano si vedeva l’impronta di un piede umano. Lì avrebbe messo il piede la Vergine Maria portando miracolosamente alla luce acqua in abbondanza. Ma in questo punto il Risano sorgeva molto prima dell’era cristiana, e quindi la storia dell’impronta della Vergine non può che essere altro che una pia leggenda. Nel suo libro latino Corografia ecclesiastica del 1700, il vescovo di Capodistria Paolo Naldini, unisce bene il vecchio e il nuovo, quando afferma che alla fonte del Risano in remota epoca cristiana fu trovata un’immagine miracolosa della Madre di Dio, che è fonte inesauribile di grazia. Quando la buona novella di questa immagine della Vergine si diffuse in tutta l’Istria, i fedeli istriani iniziarono ad accedere a questo luogo da ogni dove e quivi eressero la Chiesetta della Beata Vergine Maria. Particolarmente zelanti erano i credenti di Covedo. Vi si recavano regolarmente con il loro parroco e si unirono con una confraternita, che si arrogava anche alcuni diritti sulla Chiesetta della Beata Vergine del Capo del Risano. La questione si complicò ulteriormente per il fatto che la chiesetta sulla Sorgente apparteneva alla Pieve di Lonche, che a sua volta apparteneva alla diocesi di Trieste mentre i fedeli di Covedo appartenevano alla diocesi di Capodistria. Il 20 febbraio 1580, i parroci di Pieve di Lonche e Covedo furono chiamati al cospetto del visitatore apostolico Agostino Valiero, all’epoca vescovo di Verona e poi cardinale della Chiesa romana, che giunse a Capodistria proprio per questo. Decise che nella chiesetta del pellegrinaggio del Risano le confraternite di entrambe le parrocchie, sotto la guida dei loro anziani, hanno da convivere insieme. Entrambi i parroci hanno il diritto di condurre i loro pellegrini alla Chiesetta della Beata Vergine del Capo del Risano e lì fare la messa. Ancora oggi i raduni dei pellegrini presso la Chiesetta della Beata Vergine del Capo del Risano si svolgono per la Natività della Beata Vergine Maria grande e per l’Assunzione di Maria o, come anche dicono, per la festa della Vergine Maria la Grande e della Vergine Maria la Piccola. Per ben quattro secoli dalla soluzione della disputa menzionata, ma anche secoli prima, in questi giorni di festa, vi facevano pellegrinaggio i fedeli di Maria provenienti da tutte le parti dell’Istria slovena e negli ultimi secoli anche gli sloveni di Trieste. Ricordo molto bene questi incontri di pellegrinaggio della mia infanzia e degli anni studenteschi. Le vicine parrocchie di Villa Decani, Ospo, San Antonio e Covedo erano sempre presenti in gran numero. Messa solenne con leviti, sermoni festivi, canti bellissimi, ragazze e donne in costumi popolari e alla fine una magnifica processione con una statua della Madre di Dio portata da bei ragazzi o ragazze – una profonda esperienza di fede, un’esperienza di incontro con Dio e fratelli di lingua e religione. Dopo la cerimonia ecclesiastica, le persone si riversavano verso le bancarelle con oggetti religiosi e souvenir di pellegrinaggio. A qualche bambino i genitori comperavano un’armonica a bocca o un fischietto e poi quello fischiava e suonava come una cicala. Le panettiere di Caresana e Prebenigo ma anche dei colli savrini tra Capodistria e il Dragogna vendevano pane semplice e pandolce, tutti i tipi di torte, cornetti, treccette e altri dolci nelle loro ceste sapientemente lavorate a maglia e decorate con pizzi inamidati. Tutto brillava di pulito ed emanava odori piacevoli. C’erano inoltre prosciutto del carso e formaggio pecorino della Ciciaria. Per la sete non esigente dei bambini si vendevano limonata e dolci angurie rosse. I bevitori più esigenti invece sceglievano un bicchiere di vino di San Sergio o vino di Cristoglie o addirittura moscato di San Dorligo. In prima serata, le strade e i sentieri in tutte le direzioni risucchiavano la folla multicolore di pellegrini. Ritornavano a casa e alle loro preoccupazioni familiari. Con la benedizione di Maria, i giovani tornavano fiduciosi alle loro inevitabili “tempeste primaverili”, gli adulti al loro duro lavoro rinfrancati dalla Madonna che infonde forza e coraggio ma anche dall’incoraggiante ricordo della moltitudine di fratelli e sorelle con gli stessi problemi e obiettivi. I vecchi disgraziati e i malati tornavano al declino della loro vita, irradiati dalla luminosità della gloria dell’aldilà. Lentamente, la chiesetta del Capo del Risano tornava, trasognata, alla sua solitudine. Il silenzio era accentuato dal monotono, atemporale mormorio delle acque. In completa assenza di vento, i pioppi frusciavano misteriosamente. La Beata Vergine dell’inesauribile sorgente d’acqua… La Beata Vergine Maria al Capo del Risano, una mano carezzevole della madre sul il viso rugoso della mia amara terra istriana e della sua gente…
*
Covedo aveva sempre la giurisdizione privilegiata sulla chiesa a Capo di Risano, benché compresa nella pieve di Lonche. Vi erano divergenze tra i due pievani a motivo della confraternita della B.V Maria di Basovica (Lonche) e di Covedo ivi coesistenti. Il Visitatore Apostolico Valier nel 20.2.1580 approvò la doppia confraterna e assicurò ai due pievani il diritto di celebrare le messe e di ricevere identico emolumento: due orne di vino. P. Naldini, Corografia ecclesiastica o’ sia Descrittione della citta, e della diocesi di Giustinopoli, detto volgarmente Capo d’IstriaCoreografia da Naldini (1700) pp. 365-375. Da una lettera ad Alojz Kocjančiču dall’Ufficio catechistico diocesano di Trieste (ARC, Fondo A.K.)